Non è corretto individuare l'Alaska con freddo e ghiaccio. Qui, dove la natura ha il sopravvento, gli abitanti si sono adeguati ai suoi ritmi primordiali.

 

       L'Alaska, selvaggia e immensa, è uno dei tesori del nostro pianeta, uno scenario sconfinato di montagne che si stagliano su cieli limpidi, laghi profondi e cristallini, giganteschi ghiacciai. Tra le sue catene montuose si insinuano foreste senza fine e valli ricoperte di tundra, dove i lupi ululano nella notte e greggi di caribou fluttuano come onde scure attraverso le pianure. 
       Le dimensioni di questo stato sconfinano nella leggenda: grande due volte il Texas, il suo territorio rappresenta un quinto di tutti gli altri 49 stati americani messi insieme. Al tempo stesso, in Alaska, vivono meno di 600 mila persone, oltre la metà delle quali è concentrata in due sole città, Anchorage e Fairbanks. Tutti gli altri vivono in piccoli centri isolati la cui popolazione varia da poche dozzine di persone a qualche migliaio.

       Al di fuori dei centri urbani e in mare, vagano ben più numerosi abitanti dell'Alaska: circa 600.000 caribou, 250.000 trichechi, 150.000 alci, 150.000 lontre, 25.000 balene e 3.000 orsi polari.

"CHIUSO PER SOLE"

       Per i viaggiatori che arrivano in Alaska da quella parte che i residenti chiamano "The Lower 48" (sotto il 48  parallelo), l'ingresso nello stato avviene attraverso le acque interne e le montagne boschive del Southeastern panhandle. Ritagliata dalla frangia occidentale del Canada, questa irregolare striscia di territorio contiene più di mille isole di ogni dimensione, di cui due più grandi dell'intero stato del Delaware. Qui, insinuandosi tra fiordi angusti e larghi canali, serpeggia lo Inside Passage, l'autostrada d'acqua solcata incessantemente da cargo, traghetti e navi passeggeri.
       Questa è la parte più piovosa dello stato, dove i venti del Pacifico spingono senza sosta nubi gonfie di pioggia le cui precipitazioni sono misurabili spesso in oltre 5 mila mm l'anno (5 metri!).

       Costretti a convivere con questa perenne umidità, i residenti sopportano senza troppo lamentarsi il disagio di dover essere costantemente attrezzati per difendersi dalla pioggia e accettano di buon grado la condanna ad indossare quegli stivali di gomma lunghi fino al ginocchio che qui chiamano "Alaska sneakers". 

       Nelle rare occasioni in cui il tempo rasserena, gli abitanti delle città della costa ne approfittano per prendersi qualche giorno di ferie non programmate.

       Nelle vetrine dei negozi e sulle porte degli uffici appaiono cartelli con scritto "Chiuso per sole" e loro vanno a godersi questo inaspettato scintillante scenario di montagne di smeraldo che si stagliano contro il blu del cielo, di fiumi d'argento che si insinuano nel mare, di possenti ghiacciai che appaiono in lontananza come miraggi tra le vette più impervie.

       Qui, le montagne sono coperte da una densa foresta pluviale composta da abeti canadesi, cedri, e abeti rossi.

       La maggior parte di questi alberi viene utilizzata come materia prima per le industrie della pasta di legno di Ketchikan e Sitka, ma quelli che non vengono abbattuti, nei fondovalle meno elevati riescono a superare i 30 metri di altezza e i mille anni di età.

       La foresta è il rifugio ideale degli orsi, delle capre di montagna e dei cervi dalla coda nera.

       Fiere aquile nidificano sugli spuntoni di roccia che sovrastano le baie dove foche e balene vagano in cerca di prede. E ogni estate, milioni di salmoni risalgono i fiumi per deporre le uova. 


I CARIBOU

       Centinaia di migliaia di caribou vagano liberi nei territori selvaggi del Nord dell'Alaska. Maestosi e imponenti, questi animali migratori appartengono alla famiglia dei cervi. I maschi inalberano una magnifica coppia di corna ramificate che arrivano a misurare oltre un metro, trofeo che, con dimensioni più contenute, caratterizza anche le femmine, unica eccezione nelle varie specie della famiglia dei cervi.
I caribou sono ben adattati al loro ambiente. Ogni pelo del loro fitto mantello è cavo all'interno, caratteristica che ne fa uno dei migliori sistemi di isolamento termico che esistono in natura, mentre i loro possenti zoccoli si allargano verso il basso per sorreggerli meglio nella tundra acquitrinosa. Tredici diverse mandrie vagano per l'Alaska, separate le une dalle altre dalle grandi distanze che caratterizzano questo stato. Durante l'estate, alcune di queste mandrie preferiscono spostarsi verso la tundra artica e oltre le zone boschive delle montagne, dove i forti venti arrecano loro sollievo dal tormento delle zanzare.

LA CAPITALE
       Oro, uffici governativi e un ghiacciaio facilmente accessibile, identificano la capitale dell'Alaska, unica in tutti gli USA ad essere collegata al resto del mondo unicamente via mare o con l'aereo.

       Fondata nel 1880, quando fu scoperto l'oro nel torrente che oggi scorre proprio nel centro della città, Juneau è una città sofisticata, con una vita intensa e dalla conformazione urbanistica molto pittoresca, con strade strette piene di scalinate che salgono verso le colline che si inerpicano a ridosso del centro abitato.

       Nei momenti del boom aurifero, dalle ricche miniere scavate nelle montagne che circondano la città fu estratto oro per 158 milioni di dollari e prima che le miniere venissero chiuse, all'inizio degli anni '40, Juneau era al centro di una delle più importanti aree estrattive del mondo. 


UN PONTE TRA ASIA E AMERICA

       Più a occidente, oltre il Golfo di Alaska, le aride isole Aleutine si estendono per oltre 1.500 km nella parte settentrionale dell'Oceano Pacifico, ultima traccia dell'antico ponte naturale che una volta congiungeva il Nord America all'Asia. La parte più occidentale di queste formazioni vulcaniche si spinge fino a 80 km dalla Siberia. Disseminati tra queste isole, ci sono i villaggi delle popolazioni aleutine, la cui cultura è molto simile a quella degli eschimesi, anche se nelle loro tradizioni si sono inserite influenze acquisite dai primi colonizzatori russi dell'Alaska..
       Nella parte orientale del golfo si ergono le St. Elias Mountains, un dedalo di montagne frastagliate che si insinuano nel territorio canadese, dominate dalla maestosa vetta del Mount St. Elias che si erge fino all'altezza di 5.500 metri. 

       Fiumi di ghiaccio serpeggiano verso le valli fino a riunirsi nel Malaspina Glacier, un ghiacciaio che copre un'area superiore a quella di tutta Rhode Island.

       Oltre il golfo, vicino al trafficatissimo Prince William Sound, troviamo Cook Inlet, le cui spiagge hanno rappresentato un incredibile paradiso naturale finché la civiltà non è approdata nella baia più settentrionale di quest'area, sotto le vesti dell'affaccendata Anchorage.

       Circa il 43% degli abitanti dell'Alaska vive nell'area metropolitana di questa città in rapida espansione, correndo lungo le sue autostrade ed accalcandosi in centri commerciali che, per almeno qualche ettaro, confermano la falsa, ma indistruttibile immagine di indomita frontiera che accompagna questo paese nell'immaginario collettivo. 

I GHIACCIAI
       I ghiacciai dell'Alaska si sono formati accumulando per centinaia di anni le nevicate invernali che, con l'aumentare del peso e dello spessore, hanno esercitato tremende pressioni sugli strati sottostanti cristallizzandoli e trasformandoli in una sostanza così densa che, per struttura, è più simile alla roccia che al ghiaccio.

       I ghiacciai così formati hanno un peso tale che la loro massa tende autonomamente a scivolare a valle ad una velocità che raramente supera il metro al giorno.

       Ma, per ragioni sconosciute, il ghiaccio può improvvisamente spingersi avanti a velocità da 10 a 100 volte superiori alla norma.

       Nei ghiacciai che si spingono fino al mare, spesso con un fronte che si innalza per centinaia di metri, il contatto con le acque meno fredde crea la frammentazione della massa del ghiaccio ed il distacco di enormi blocchi che prendono il nome di iceberg. 

L'AURORA BOREALE
       L'aurora boreale o "Northern lights", è una sorta di luce eterea che si diffonde nella parte più alta dell'atmosfera e ravviva di colori luminescenti soprattutto il cielo sopra Fairbanks, ma quando le condizioni del cielo sono ottimali può essere vista più a Sud fino a Juneau.

       Per oltre cento notti, da Dicembre a Marzo, il cielo sembra brillare di veli colorati in perenne movimento, che spaziano da toni luminescenti di un solo colore (in genere verde e rosso scuro) a fantastiche velature che percorrono tutto lo spettro cromatico.

       La visione si anima con il passare delle ore, componendosi e scomponendosi in disegni che vengono chiamati "rayed bands", per poi comporsi in un disegno finale che spesso appare come una corona di raggi che si irradiano balenando da un punto centrale. 


IL FASCINO DISORDINATO DI ANCHORAGE

       Incuneata tra la baia di Upper Cook e le imponenti Chugach Mountains a Est, Anchorage è il crocevia obbligato di tutte le vie di comunicazione dello stato. Questa disordinata urbanizzazione ai limiti di una delle più grandi oasi naturali del mondo, è spesso oggetto di commenti negativi da parte di coloro che vivono altrove in Alaska, ma non manca dei suoi motivi di attrazione e, grazie anche alla sua incantevole collocazione, merita una sosta di almeno uno o due giorni.
       Quando, nel 1778, il capitano James Cook Cook Inlet, in cerca del Passaggio a Nord-Ovest, i cacciatori di pellicce russi avevano già cominciato a stabilirsi nella zona, scambiando con gli Indiani ferro e bronzo in cambio pesce e pellicce. Benché Cook fosse sicuro che quella baia non portasse al Passaggio che stava cercando, mandò comunque dei battelli in esplorazione in direzione Sud-Est. Quando, a causa delle straordinarie meree, essi furono obbligati a rientrare, Cook battezzò questa scenografica lingua di terra "Turnagain Arm" (braccio del ripiegamento).

       La nascita di Anchorage data al 1915, quando nella zona fu insediato un villaggio di tende per alloggiare gli operai addetti alla costruzione della ferrovia dell'Alaska. Negli anni '30, fu meta di molti abitanti dei "Lover 48", le terre a Sud del 48  parallelo, che si avventurarono qui nella speranza di sfuggire agli effetti devastanti della grande depressione economica che aveva investito gli Stati Uniti.

       Successivamente, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la costruzione della Alaska Highway, contribuirono in maniera determinante a conferire importanza alla città e ad accelerarne il grande sviluppo urbanistico. La consacrazione come base ideale per le più ottimistiche avventure umane, venne poi con l'apertura dell'aeroporto che, grazie alla sua equidistanza tra New York e Tokio, fu subito soprannominato il "crocevia del mondo".

       Anche per questo, Anchorage è la base ideale per chi decide di visitare l'Alaska spostandosi prevalentemente in areo. Dal suo aeroporto, infatti, si possono raggiungere in poche ore anche le più sperdute comunità dell'interno e della costa, sia con regolari voli di linea, sia servendosi di aerei da turismo noleggiati semplici da noleggiare e particolarmente convenienti se si viaggia in gruppo.

L'ORSO DI KODIAK
       Conosciuta come "L'Isola di Smeraldo", per le sue fitte foreste alternate a rigogliosi prati che si insinuano tra gli acquitrini, l'isola di Kodiak è, per grandezza, la seconda isola degli Usa (subito dopo l'isola di Hawaii) ed è nota soprattutto come l'habitat naturale dell'orso che da lei ha preso il nome.

       Si tratta di una sottospecie dell'orso bruno, caratterizzata da un pelo che tende al grigio e da una mole considerevole che permette agli individui adulti di raggiungere i 5 quintali di peso.

       Nonostante queste dimensioni, l'orso di Kodiak, è in grado di fornire ai turisti quotidiane dimostrazioni della sua agilità, che mette a frutto per pescare grandi quantità di salmoni lungo i torrenti che scorrono tumultuosi all'interno del Kodiak National Wildlife Refuge.

THE PRINCE WILLIAM SOUND
       Le terre circostanti il Prince William Sound, nella parte più settentrionale del Golfo dell'Alaska, a dispetto della superba bellezza dei fiordi, delle montagne, dei ghiacciai e delle foreste, non hanno mai rappresentato, per chi vi abitava, un luogo tranquillo.

       I primi abitanti della regione, gli Eschimesi Chugach, furono cacciati dalle più aggressive popolazioni Tlingit che a loro volta furono soppiantate dai cacciatori russi in cerca di pelli di lontra, quindi dai cercatori d'oro e dai pescatori americani.

       Ma l'aggressione più dannosa si è consumata il giorno di Venerdì Santo del 1989, quando la petroliera Exxon Valdez è naufragata perdendo il suo carico di petrolio greggio. La reale entità dei danni nel medio e lungo periodo non è stata ancora determinata con certezza, ma almeno da un punto di vista esteriore le tracce di questa immane catastrofe sono quasi scomparse o, comunque, nascoste agli occhi del turista, benché al momento del disastro ben il 20% del Prince William Sound sia risultato inquinato dalla marea nera di petrolio.

       Paradossalmente, questo incidente ha segnato la rinascita economica della regione: la più grande opera di bonifica ambientale mai promossa sul nostro pianeta ha comportato, infatti, un investimento di cento miliardi di dollari, impegnando oltre undicimila lavoratori, mille imbarcazioni e trecento velivoli. 


IL PERENNE RICHIAMO DELLA FORESTA

       Alle spalle di Anchorage troviamo un'altra grande catena di montagne, l'Alaska Range, che comprende il Mount McKinley e ha al suo epicentro nel Denali National Park. La parte interna dell'Alaska si spinge verso nord fino ai confini di ghiaccio segnati dalla catena del Brooks Range.
       Il clima dell'interno è caratterizzato da straordinarie condizioni estreme. Nel pieno dell'inverno, quando il sole appare solo per poche ore al giorno, raramente le temperature salgono a valori superiori ai 20 gradi sottozero. In estate, invece, le giornate arrivano a godere anche di 20 ore di luce, le temperature superano spesso i 20  C. e i residenti trovano il modo di rinfrescarsi praticando lo sci d'acqua nei fiumi e nei laghi. 
       Questa è una terra dai cieli limpidi e dai vasti orizzonti, dove le montagne sono facilmente accessibili, le valli ampie ed i fiumi errabondi. Il più grande di questi fiumi è lo Yukon, che scorre per oltre 3 mila km dal Canada del Nord fino al Mare di Bering.

       Jack London descrisse lo Yukon nel "Richiamo della Foresta", quando il fiume era popolato da cacciatori e cercatori d'oro che conducevano una vita da eremiti, e anche al giorno d'oggi non è difficile imbattersi in rudi personaggi che vivono in capanne isolate o in minuscoli villaggi sulle rive del fiume. I tempi di quell'epopea, comunque, hanno segnato il passo quando moltitudini di cercatori d'oro sono migrati a Nord seguendo il corso dello Yukon: un'odissea umana che fece ricchi alcuni di loro, altri li lasciò poveri, molti li seppellì sotto una spessa coltre di neve. 

       Come una nuvola a caccia del sole, il monte McKinley galleggia al di sopra di questo paesaggio. Chiamata "Denali" (quella grande) dagli indiani Athabaskan, la montagna fu ribattezzata con il nome attuale nel 1896.


       La vetta del versante Sud, che raggiunge i 6.198 metri ed è il punto più alto del Nord America, fu conquistata per la prima volta nel 1913. Tutt'intorno alla montagna si estende un parco naturale protetto di oltre sei milioni di acri che potrebbe essere da solo la più importante meta turistica dell'Alaska, anche se al di sopra non vi svettasse il monte McKinley.

       In verità, le statistiche affermano che, a causa della perenne corona di nuvole che circonda la montagna, solo un quarto dei visitatori riescano a vederla. Non per questo, però, tornano a casa scontenti: l'immenso mondo di tundra e di taiga, i ghiacciai, le valli, le altre montagne che si specchiano in laghi limpidissimi, sono più che sufficienti a riempire i loro occhi di stupore e la loro mente di ricordi, resi indimenticabili dalle emozioni provate in incontri ravvicinati con intere famiglie di orsi grigi, caribou o alci.
       E' naturale, quindi, che gran parte degli avventurieri di oggi approdino in queste terre alla ricerca di una natura incontaminata, piuttosto che dell'oro. 

       Anche se a Fairbanks, la più grande città dell'interno, non è difficile assaporare quel clima di vita di frontiera, soprattutto quando il termometro scende sotto i –50 C e gli scintillanti veli dell'aurora boreale illuminano con le loro danze il cielo della notte, quando le strade della città vengono chiuse per lasciare spazio alle gare dei cani da slitta; e quando gli alci si avventurano fin nei sobborghi della città per nutrirsi delle siepi che delimitano i giardini delle case.

L'ILLUSIONE DEL VALDEZ TRAIL
       Nell'ultimo decennio dell'Ottocento, la corsa all'oro trasformò Valdez da una sperduta base di baleniere in un fiorente insediamento preso d'assalto da migliaia di cercatori che di qui intendevano avventurarsi per il "Valdez Trail" con l'obiettivo di raggiungere le miniere dello Yukon e dei territori interni dell'Alaska.

       A proprie spese, scoprirono amaramente che non esisteva nessun Valdez Trail e che il sentiero abbozzato sulle approssimative mappe di cui erano forniti attraversava ben due ghiacciai assolutamente impraticabili.

       Si stima che solo 300 dei 3500 minatori che intrapresero il viaggio, siano giunti a destinazione. La maggior parte morì assiderata o di stenti, oppure precipitando nei crepacci.

UNA CITTÀ NATA PER DISGRAZIA

       Situata 580 km a Nord di Anchorage, Fairbanks si trova proprio al termine dell'autostrada proveniente dal Canada ed è anche la tappa finale di gran parte dei turisti che visitano l'Alaska. La sua posizione centrale, ne fa il punto focale di un sistema di minuscoli villaggi disseminati nella selvaggia natura circostante e la base di partenza per raggiungere villaggi del North Slope quali Barrow e l'area petrolifera di Prudhoe Bay. Queste aree dell'estremo Nord sono raggiungibili per via area, oppure percorrendo la Dalton Highway.
       La città nacque per caso nel 1901, quando un battello a vapore che trasportava E. T. Barnette, un commerciante con tutte le sue mercanzie a bordo, si arenò nei bassifondi del Chena River. Impossibilitato a proseguire il viaggio con le mercanzie che stava trasportando, Barnette aprì un emporio nel bel mezzo di quel territorio selvaggio cercando di vendere qualcosa ai pochi esploratori e cacciatori di pelli in cerca di fortuna in quella landa desolata. L'anno successivo, con l'inizio della corsa all'oro, sul luogo sorse un primo accampamento di tende e la bottega di Barnette si trasformò in una fabbrica di soldi. 

       Nel 1908, nel momento di massimo afflusso di cercatori d'oro, Fairbanks raggiunse una popolazione di 18.500 abitanti, ma le difficoltà che si incontravano ad estrarre l'oro dal letto dei fiumi gelati, scoraggiarono presto i cercatori indipendenti e già nel 1920 la popolazione era scesa a soli 1100 abitanti. La comunità si mantenne di queste dimensioni fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando, per contrastare possibili attacchi giapponesi, nell'area furono costruite diverse basi militari. Gran parte di questi grossi insediamenti furono mantenuti attivi anche dopo la conclusione della guerra, dando nuovo impulso alla crescita della città.

       In seguito, a metà degli anni '70, Faibanks divenne il centro operativo del progetto che portò alla costruzione del principale oleodotto dell'Alaska e il boom delle attività connesse a questo progetto determino un nuovo grande afflusso di lavoratori che riuscivano a guadagnare anche 1.500 dollari la settimana.

       L'economia della città crollò drammaticamente con la crisi petrolifera e, prima che il governo centrale potesse intervenire con provvedimenti di sostegno, la disoccupazione raggiunse punte del 20%.
Fairbanks, benché circondata da dolci colline ammantate di boschi incorniciate dalla più distanti catene delle Alaskan e delle Brooks Mountains, può apparire piatta e poco stimolante, ma è una ottima base per esplorare un hinterland le cui maggiori attrazioni sono gli antichi insediamenti minerari, le numerose sorgenti termali e le comunità di boscaioli. Il turismo sta diventando una fonte di reddito in continua crescita, soprattutto grazie alla spettacolare aurora boreale che attrae qui frotte di turisti anche in una stagione ostica come quella invernale. 

       Il grande problema di Fairbanks è l'incredibile escursione termica cui è soggetta. Temperature di –70 C. non sono affatto rare ma, di contro, durante l'estate il termometro può salire fino a 32 gradi centigradi. Grazie alla sua collocazione a soli 300 km a Sud del Circolo Polare Artico, dove il sole non tramonta mai nei giorni dell'equinozio d'estate, e non sorge mai in quelli dell'equinozio d'inverno, Fairbanks gode anche di giornate alternativamente molto corte e lunghe.

       Nel giorno più corto dell'anno si contano meno di tre ore di luce solare, mentre in quello più lungo si superano le 21 ore. In entrambi i casi si può essere colti da una sorta di turbamento che assale soprattutto i residenti, per questo soggetti ad un'alta percentuale di disturbi depressivi. 


VERSO I TESORI DEL NORTH SLOPE

       Oltre Fairbanks si estendono a perdita d'occhio le foreste, distese di torbiere acquitrinose e buona parte dei tre milioni di laghi dell'Alaska. Per millenni, gli indiani Athabaskan hanno sopravvissuto in questa terra selvaggia catturando con trappole gli animali selvatici: oggi, vanno a caccia con i fucili, guidano slitte a motore e si spostano con i fuoribordo. I tempi possono essere cambiati, ma non tutte le tradizioni dei vecchi tempi sono andate perdute.

       Nelle isolate postazioni di caccia disposte ai limiti della vegetazione arborea, non è infrequente incontrare vecchi cacciatori che spiegano ai ragazzi come catturare un pesce acchiappandolo per la coda, oppure trasportare un alce appena ucciso trasformando la sua tana in una imbarcazione.
       Oltre il confine Nord del territorio degli Athabaskan, le vette selvagge del Brooks Range cominciano a digradare verso il North Slope. Ci sono pochi luoghi sulla terra dove i venti sono così liberi di imperversare dalle sconfinate distese dell'Oceano Artico attraverso un territorio così piatto che, durante l'inverno, è difficile stabilire dove finisce la terra e comincia la superficie gelata del mare.

       In alcune zone, l'acqua congelatasi in maniera stabile, chiamata "permafrost", raggiunge uno spessore di 600 metri ed oltre. Ma non tutto questo territorio artico è roccioso e sterile. Durante le nove settimane della stagione estiva gli arbusti della tundra esplodono in un trionfo di verde, i caribou si uniscono a formare grandi mandrie per dare inizio alla stagione degli amori, e torme di gru e di cigni della tundra nidificano per allevare i loro piccoli.
      Poche persone, al di fuori dell'Alaska, sapevano dell'esistenza del North Slope prima che, nel 1968, vi fossero scoperti importanti giacimenti di petrolio. Oggi, le attrezzature per la trivellazione e l'estrazione del petrolio sono sparse per tutto il territorio e sulle rive della baia di Prudohe è sorto un gigantesco complesso industriale.

       Qui la vita è dura. Si circola solo su veicoli a quattro ruote motrici, attrezzati con apparecchiature radio perennemente in funzione e muniti di kit di sopravvivenza che devono essere tenuti costantemente nella massima efficienza. Sui luoghi di lavoro, le attrezzature sono schermate per proteggere gli operai da venti gelidi che fanno scendere la temperatura a – 70  C e oltre.

       Il sole tramonta per l'ultima volta a metà novembre e non riappare fino alla fine di gennaio, il vento spinge la neve sul pack ed il mare diventa un continente di ghiaccio. 
       Tuttavia, da questo solitario avamposto polare fino alle popolose baie dei territori più a Sud, l'Alaska porta in dote all'America un preziosissimo patrimonio di montagne mozzafiato e rigogliosissime foreste che, se ieri era apprezzato per il suo grande potenziale minerario, petrolifero e forestale, oggi si è trasformato in un bene ecologico ed ambientale di valore assoluto, che sfugge e trascende qualunque valutazione economica, mercantile e finanziaria. 


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