Da qualche giorno, su qualunque tipologia di media, c’è un gran parlare di “moda”. Tutto originato dalla morte (ahimé, nessuno la cita in questi termini: si deve dire “è scomparso”, “ci ha lasciato”, “è mancato all’affetto dei suoi cari”…) di Giorgio Armani. Per carità, poche volte come in questo caso l’interesse dei media è stato così pienamente meritato e dovuto (anche se si è scoperto che negli armadi degli esegeti ci sono molte più giacche di quante Re Giorgio ne abbia potute produrre in tutta la sua vita).
       Peccato che nel contempo, in termini di “moda”, a tutti sia sfuggito un avvenimento epocale che inciderà sulle nostre vite e, soprattutto, sulle vite dei vostri figli: Xi Jinping, Segretario Generale Partito Comunista Cinese, presidente della Commissione Militare Centrale dal 2012 e Presidente della Repubblica Popolare Cinese dal 2013, in occasione del Vertice SCO di Tianjin, per la prima volta dopo oltre un decennio, invece di sfoggiare la cravatta rossa, viola o blu di rappresentanza, si è presentato al mondo con la stessa identica giacca diventata parte integrande della figura iconica del Presidente Mao.

 

       Difficile capire quali possano essere state le motivazioni che, a suo tempo, hanno spinto Xi Jinping a un look così decisamente occidentale. Molto probabilmente per il desiderio di essere “accettato”, ovvero considerato più o meno alla pari dagli altri grandi della terra (“indossa la cravatta, quindi è uno dei nostri”). 


       Peccato che pochi sappiano (e chi opera nei media, “colpevolmente”) che questo cappio che volontariamente si annoda al collo chiunque sia in affari, in politica o voglia comunque apparire rispettabile, dati al 1646 (379 anni fa!) quando Luigi XIV (ovvero il Re Sole) fu affascinato dal look conferito da un piccolo foulard annodato intorno al collo che contraddistingueva una brigata di mercenari croati (di qui il nome “croata” e, poi, “cravatta”) ingaggiati per la Guerra dei Trent’Anni, e decise di adottare per sé questo accessorio, in pianta stabile. E, per il solito effetto di appecoronamento che contraddistingue chi circola nelle stanze del potere, da allora in poi esso contraddistinse gli uomini più importanti della sua corte. E a seguire, di qualunque corte occidentale.
       Possiamo giustamente metterci in fila per rendere omaggio a “Re Giorgio” ma è a dir poco superficiale non prestare alcuna attenzione al segnale epocale, nonché culturale e politico, lanciato, negli stessi giorni, da Xi Jinping. Anche perché non è stato lanciato nel corso di una cena di gala, a margine di un convegno culturale, al matrimonio di qualche celebrity o all’incoronazione del Re di Inghilterra, ma nel corso di un incontro che segnerà sicuramente il futuro degli assetti mondiali.  

       Non servirebbe andare a scartabellare le pagine, ormai polverose, del saggio “Sistema della Moda” di Roland Barthes per capire che nel nuovo look di Xi Jinping c’è un messaggio molto più potente, e per molti versi preoccupante (almeno per quelli cui sta a cuore il primato della Cultura Occidentale) cui non abbiamo da contrapporre niente di più che le dieci giacche di Armani ben ordinate all’interno dell’armadio dell’American Gigolò interpretato da Richard Gere.

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