Anno 2027. Lo scenario mondiale non é quello descritto nei film e nei romanzi di fantascienza degli anni Settanta, Ottanta e Novanta. La conquista dello spazio prosegue a ritmi lenti, forse significativi, ma assolutamente non spettacolari. Le guerre stellari nemmeno si profilano all'orizzonte, gli alieni non ci vengono a trovare, i robot si sono moltiplicati senza riuscire, peraltro, a trasformarsi in replicanti e continuano a lavorare ubbidientemente.
L'impero - quello americano, per intenderci - contrariamente a tutte le previsioni sembra essersi addormentato e sprofonda sempre di più nel grigiore. Il sistema industriale continua a produrre ma ha perso smalto e fatica a sorreggere la sua sconfinata potenza aggrappandosi ai funambolismi della grande finanza e del solito, collaudatissimo, protezionismo strisciante.

La chioccia americana non cova più teste d'uovo brillanti ed i cervelli vengono importati a caro prezzo dalla vecchia Europa, dall'Asia e dall'Africa. Ma anche questi dopo pochi anni sembrano annebbiarsi e nemmeno il mittente li accetta di ritorno.
Cadono, uno ad uno, tutti i primati, compresi quelli nella scienza, nella cultura e nell'arte, ed il resto del mondo si interroga tra il divertito e lo sbigottito. Sociologi, psicologi, economisti, indagatori a vario titolo e di vario livello si interrogano sul fenomeno ma non riescono a produrre altro che fumose e prolisse teorie che non prospettano alcuna efficace soluzione.

Un solo uomo ha capito cosa sta succedendo ma non può fare nulla. Perché di quanto sta accadendo è in gran parte ignaro corresponsabile; soprattutto in virtù del fatto che, proprio grazie a questa sua corresponsabilità, egli ha guadagnato miliardi e conquistato posizioni di potere sconfinate; perché se fosse lui a parlare lo riterrebbero pazzo, e se incaricasse qualcun'altro di manifestare il suo convincimento si trasformerebbe immediatamente in capro espiatorio, con rischio della sua stessa vita. E tace.

Quest'uomo ha costruito la sua fortuna trasformando, quarant'anni prima, una caffetteria di Sacramento in fast-food. La sua abilità nello sfornare polpette e, soprattutto, nel saperle presentare ai clienti, gli ha permesso velocemente di allargare il suo giro d'affari, passando prima a dieci, poi a cento, poi a migliaia di punti vendita.

Ma la grande svolta, quella che gli ha permesso di diventare il boss mondiale del fast-food è avvenuta alla fine degli anni '90. In quel tempo gli affari incrementavano, i punti vendita si moltiplicavano, ma gli utili ristagnavano. Centinaia di migliaia di dollari spesi in ricerche di mercato ed in analisi dei processi aziendali non riuscivano ad offrire valide risposte agli interrogativi. Fu così che il nostro uomo, fiaccato dagli agi che la sua posizione gli garantiva, trovò la spinta per reagire, mettere alla porta esperti e consulenti, gettare nella spazzatura analisi di mercato e piani di riorganizzazione, rimboccarsi le maniche e scendere come un tempo nelle cucine.
Qui scoprì come era diverso da un tempo l'hamburger servito nei suoi locali e quale complicata e costosa macchina organizzativa era stata attivata per garantire identico aspetto e sapore alle polpette servite nei suoi locali di New York come di Atlanta, San Francisco, Chicago, Houston e Los Angeles. Per eliminare lo chef, che con la sua personalità e professionalità riesce a caratterizzare giorno per giorno, nel bene e nel male, le sue ricette, era stata creata una struttura di addestramento e produzione dei piatti che garantiva la gestione di ogni suo locale in assenza di una testa pensante, sostituendola con una sequenza di procedure a prova di errore umano, ma anche di qualità umana, di creatività, di voglia di far di più e meglio.

 

Queste considerazioni lo portarono alla conclusione che l'empasse dei suoi affari era tutta lì, nel costo smisurato che si doveva sostenere per far fare agli uomini il lavoro dei robot. E non era in alcun modo ipotizzabile sostituire gli uomini con veri robot: non avrebbero funzionato.

Cercava invano una soluzione a questi problemi quando, casualmente, gli venne in soccorso la moglie. Negata ai fornelli, una sera gli fece la sorpresa di liberare casa da figli e servitù e preparare, con le sue mani, una cenetta a due a lume di candela. Miracolosamente, tutto filò liscio e dovette stupirsi dell'insospettata abilità della moglie addentando uno squisito gambero rosso fritto alla perfezione. Ma il segreto di tanta improvvisa maestria fu presto svelato dal troneggiare, in cucina, di un nuovo elettrodomestico.

 

Era una avveniristica friggitrice a controllo elettronico, sovraccarica di tasti e display. Incuriosito, cominciò ad osservarla e non gli fu difficile capire come sua moglie avesse potuto trasformarsi fulmineamente in cuoca provetta. Semplicissimi comandi guidavano lo chef improvvisato attraverso ogni fase della preparazione. Il serbatoio dell'olio doveva essere riempito alla prima utilizzazione ed avrebbe provveduto la macchina stessa ad espellere e sostituire le quantità esaurite. Un cestello cromato fuoriusciva dalla macchina: al suo interno dovevano essere depositate le vivande da cucinare, ma per avviare il processo di cottura bisognava prima sfiorare sul pannello di controllo l'immagine corrispondente al cibo che si voleva ottenere fritto alla perfezione. Una serie di simboli di semplice identificazione facilitava questo compito, permettendo addirittura di distinguere tra patate affettate sottilmente ed a spicchi, tra pesci di piccola taglia e seppioline, tra costolette di manzo e di agnello.

Toccata l'icona corrispondente, dopo pochi secondi il cestello si abbassava inghiottito dall'olio scaldato alla giusta temperatura ed un coperchio di acciaio sigillava il tutto. Pochi minuti e, come in un film di fantascienza, la macchina riprendeva vita, il coperchio lucente schiudeva il cuore della friggitrice, il cestello riemergeva sgrondando l'olio sotto il flusso di un soffio caldo che fuoriusciva da alcune fessure, ed il cibo era pronto, fragrante, cotto alla perfezione e sicuramente meglio di quanto avrebbe saputo fare un gran numero di chef armati di sola padella o di una friggitrice tradizionale.
Ma non bastava. Dopo un'ora, o dopo un giorno, la stessa persona o un'altra, con a disposizione la stessa materia prima, sarebbe riuscita a cucinare lo stesso piatto, con lo stesso identico aspetto e sapore.

Questa constatazione lo eccitò. Realizzò subito che quella diabolica macchinetta poteva rappresentare la soluzione di tutti i suoi problemi. Cominciò a ragionare. Procurarsi materia prima di aspetto e qualità costante non sarebbe stato difficile, anzi, già accadeva per gli attuali approvvigionamenti tradizionali. La friggitrice avrebbe potuto trasformare materie prime nude ma anche ricette più elaborate (frittelle, carni farcite, filetti di pesce insaporiti ed uniti con vegetali o formaggi) che potevano essere realizzate in laboratori centralizzati e distribuite surgelate ai punti vendita.

Un solo chef avrebbe potuto creare il piatto, stabilire la corretta temperatura dell'olio, il momento dell'immersione e la durata della frittura. Un tecnico avrebbe programmato la sequenza ed i comandi avrebbero potuto essere trasmessi ad ogni friggitrice anche a mezzo WiFi.

Ma dal punto di vista del gradimento, come avrebbe funzionato l'offerta di una linea di cibi fritti? Non ci volle molto a convincersi che sarebbe stato un successo: non fosse stata sufficiente la considerazione che ogni uomo ritorna gioiosamente bambino di fronte ad un cartoccio di patatine fritte, bastava indagare tra le ricette di ogni cucina mondiale per rendersi conto che le fritture rappresentano sempre i piatti di più grande successo e consumo popolare. E che spesso non si presentano come tali agli occhi del consumatore: basti pensare agli involtini primavera cinesi, ai supplì italiani, al pollo fritto indonesiano, ai fish and chips inglesi.

Quell'immersione nell'olio bollente procurava all'alimento un arricchimento di sapore aggressivo ed appagante al primo morso, un concentrato di sensazioni che, seppur rozze, sembravano restituire immediatamente il controvalore dei dollari pagati alla cassa.

Il piano fu attuato immediatamente, ma senza dare troppo nell'occhio, sostituendo lentamente i cibi tradizionali con i cibi fritti. Per ogni nuovo piatto proposto furono create campagne pubblicitarie clamorose che puntavano tutto sui nuovi sapori, sulle componenti nutrizionali, sulle ispirazioni etniche delle nuove ricette.

Il successo fu colossale, i processi produttivi si snellirono ed i profitti ripresero a galoppare, non più frenati dalle costose esigenze didattiche ed organizzative della pur gloriosa polpetta.
In pochi anni anche i concorrenti adeguarono la propria offerta con il risultato che già all’inizio del XXI secolo tutta la popolazione attiva americana era arrivata a consumare un pasto a base di cibi fritti almeno una volta al giorno.

Appagato dai suoi successi ed impensierito dal decadimento della leadership mondiale del suo paese, il nostro uomo, in un momento di ralax sul bordo della piscina di casa, sfogliando una rivista di storia fu attratto dalla tesi di uno studioso sulla decadenza dell'Impero Romano. Le responsabilità, sosteneva, non erano né delle mollezze degli agi, né della follia dei governanti, né dell'accresciuta potenza dei nemici: tutto era dovuto ad un lento, progressivo ed impercettibile avvelenamento alimentare. Colpevole, il piombo con cui erano costruiti vasellame, piatti e bicchieri utilizzati quotidianamente dagli antichi romani.

Inevitabilmente il pensiero del nostro uomo corse alla situazione della nazione americana ed un brivido lo sconvolse: non erano forse i cibi fritti l'elemento quotidiano costante che accomunava, ormai da decenni, i suoi concittadini?

Poteva forse annidarsi nelle succulente preparazioni dei fast-food l'elemento occulto e strisciante che giorno dopo giorno minava il fisico e la mente della popolazione attiva americana? Avviò indagini che non lo portarono a certezze assolute, ma le teorie sulle catene di grassi saturi e polinsaturi e sulla degenerazione della molecola degli oli di semi sottoposta ad alte temperature lo convinsero che la responsabilità di quello che stava accadendo fosse nei cibi serviti ogni giorno nelle decine di migliaia di fast-food sparsi in ogni angolo d'America.

Parlare sarebbe stato un po' come morire. Tacere una responsabilità troppo grande nei confronti dell'umanità. Nello struggimento interiore pensava, pensava. Nella speranza di un evento illuminante, come quel gambero rosso che gli aveva aperto gli occhi alla fine degli anni Novanta.

 

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