Il peperone é considerato originario della fascia tropicale dell'America centro-meridionale ed in particolare del Brasile, ma il suo impiego alimentare si perde nella notte dei tempi. Semi di peperone furono rinvenuti in alcune tombe preistoriche peruviane, in particolare ad Arricon, nei pressi di Lima.
Altri reperti e fonti storiche confermano, infine, che il peperone era cibo comune tra gli Olmechi, popolazione che ebbe il suo massimo splendore tra il quinto ed il primo secolo a. C., come testimoniano i reperti rinvenuti nella fascia costiera del Golfo del Messico.
La scoperta del peperone e la successiva importazione in Europa sono strettamente legate ad una delle principali ragioni del viaggio di Cristoforo Colombo: la ricerca delle spezie.
Non a caso, non appena messo piede sul suolo americano, egli si interessò particolarmente di tutti quei prodotti che, all'odore e all'aspetto, potevano sembrargli simili a quelli per cui aveva affrontato un così lungo viaggio.
Ad Haiti, Colombo è finalmente sicuro di aver trovato un tipo di pepe: il loro pepe, scrive, è di miglior pregio del nostro, e nessuno mangia senza il condimento di questa spezie che giova molto alla salute. Di questo prodotto se ne potrebbero caricare in quest'isola cinquanta caravelle all'anno.
Tale facilità di coltura ne stimolò la diffusione al punto che tra fine '800 e inizi '900 i botanici poterono elencare quasi 300 varietà. Si trattava, per lo più, di varietà originatesi spontaneamente. La vera e propria selezione genetica che ha portato alle varietà odierne ebbe infatti inizio solo nella prima metà di questo secolo ed è tuttora in pieno sviluppo di qua e di là dell'Atlantico.
Il risultato fu una drastica riduzione delle varietà e un sostanziale miglioramento di questa specie.
Contrariamente a quanto potrebbe far pensare questo grande successo, il peperone, di fatto, non ebbe storia gastronomica di grande rilievo. Condividendo ancora, in questo, le vicende delle altre solanacee, fu alimentazione propria delle genti di campagna, capaci di adattarsi a tutto, anche alle novità di altri continenti.
Ben lo ricordò Vincenzo Corrado annotando nel suo Cuoco galante del 1781 che sono i peparoli anche di rustico volgar cibo, ma sono però a molti di piacere. Particolarmente gli abitanti del vago Sebeto, i quali li mangiano quando son verdi, li friggono, spolverandoli di sale, oppure li cuociono sulla brace e li condiscono di sale e olio, preparazione tuttora comune in molte parti d'Italia.
Questo é pressoché l'unico cenno di un qualche rilievo che si possa registrare tra XV e XVIII secolo. D'altro canto, basti pensare che non esiste una voce "Peperone" nemmeno nel pur ponderoso vocabolario dell'Accademia della Crusca.
Fu Niccolò Gherardini, letterato, che si accanì a cercare le pecche di quel dizionario, a parlarne per primo descrivendolo in questo modo: Bracca o coccola conica, appuntata, coriacea d'un bel rosso o anche giallo nella maturità; di colore verde lucido quando è immatura.
Circa le qualità gastronomiche precisò: di sapore piccante quasi come pepe. I peperoni si mangiano vedi e crudi, intinti in olio; ma per lo più, si conservano in aceto, e chiamansi peproni acconciati o conci.
Nella nostra cucina tradizionale si è imposto soprattutto al Sud anche se nella cucina settentrionale non mancano prelibate ricette come i piemontesi peperoni ripieni di riso.
Tra le ricette tradizionali val la pena di ricordare nel Lazio i peperoni ripieni, quelli in padella e i classici col pollo; in Campania i peperoni col baccalà oppure imbottiti o in teglia; in Puglia gli involtini, così come quelli ripieni e quelli soffritti; in Calabria i peperoni ammollicati e quelli alla calabrese; infine in Sicilia i peperoni arrostiti e la peperonata alla siciliana.
Il peperoncino piccante, invece, viene usato più come spezia che come ingrediente. Ne ricordiamo il geniale condimento di "aglio, olio e peperoncino" da sposare agli spaghetti, e gli innumerevoli impieghi come aromatizzante di oli, aceti e grappe, formaggi fermentati come i bruss.
Ai fini di un utilizzo ottimale i peperoni si sogliono distinguere in dolci e piccanti. I peperoni dolci, a loro volta, sono ripartiti in quattro grandi categorie a seconda della forma: il peperone quadrato; il peperone a cuore di bue, la cui forma ricorda la trottola; il peperone a pomodoro, piccolo e molto schiacciato; il peperone a corno, stretto ed allungato, tanto dritto che variamente curvato.
Tra i peperoni quadrati le selezioni più note sono il quadrato di Asti, quello di Nocera, il meraviglia della California.
Tra i peperoni a corno, una menzione può essere fatta per il corno di Spagna detto anche corno di toro.
LE PRIME RICETTE ITALIANE
Per l'ennesima volta é ancora Vincenzo Corrado a riportarci le prime ricette "ufficiali" del peperone nella cucina italiana e ad offrirci una testimonianza di utilizzo estremamente varia e fantasiosa.
Peperoni alla pastetta (Vincenzo Corrado, 1781)
Quando i peperoni son bulliti si dividono per metà e si friggono vestiti di pastetta fatta con vino bianco, olio, farina e sale; e si servono caldi.
Peperoni alla purea di ceci (Vincenzo Corrado, 1781)
Rotolati su dé carboni accesi i peperoni, si puliscono dalla pelle e semi e si soffrigono in olio con aglio, e petrosemolo; e quando son cotti si servono con puré di ceci.
Peperoni alla ramolata (Vincenzo Corrado, 1781)
Si bollono in acqua li peperoni, si puliscono dalla pelle e semi e si servono con salsa ramolata, composta d'acciughe, petrosemolo, maggiorana, aglio, origano, e corteccia di limone, tutto trito e condito di olio, ed aceto.
Peperoni ripieni (Vincenzo Corrado, 1781)
Si possono anche riempire i peperoni, prima però rotolati su dé carboni accesi per toglierne la pellicola. Il ripieno si farà con acciughe, petrosemolo, aglio, olive, ed origano, tutto trito, e soffritto con olio, condito di pepe, e sale. Si cuocono nel forno, o sopra la craticola con carta unta d'olio.
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