L'introduzione di zucca e zucchini dalle Americhe all'Europa ha fatto meno clamore di quelle di altre specie vegetali perché nel nostro continente esisteva già qualcosa di simile, anche se sostanzialmente diverso per aspetto e per sapore.
Le zucche del genere Lagenaria, infatti, sono originarie dell'India e giunsero in Europa in tempi assai remoti, precedenti all'età romana. Le zucche dei generi Cucurbita, cioé quelle che oggi consumiamo in tutta Europa, sono invece originarie del Nuovo Mondo.
I Romani, dunque, già conoscevano la zucca, anche se non l'avevano in grande stima ed era considerata cibo da plebei, come conferma anche Virgilio che così la commenta: pesante la bassa zucca nel grosso ventre.
Il vantaggio era la loro grande versatilità in cucina, ed il XXXI epigramma di Marziale dedicato a Cecilio, principe delle zucche, testimonia quanto essa fosse diffusa e a quali elaborazioni si prestasse: Atreo delle zucche, Cecilio.../ Te le dà nella minestra,/ te le serve per pietanza/ La mette per contorno/ Arrivano al desert/ .. Te le gabba per lenticchie/ Le crederesti fave/ Imita boleti/ Le trasmuta in salsicce/ In code di tonnetto/ In esili sardelle.
Apicio dedicò alla zucca ben nove ricette, facendola lessata, fritta, ripiena, anche se i buongustai, più che le zucche, apprezzavano i giovani germogli che consumavano a guisa di asparagi.
Comunque la zucca, e soprattutto la zucchina entra realmente nel costume gastronomico italiano solo dopo che le prime "cucurbitacee" vengono importate dalle Americhe e coltivate nei nostri orti
Nel XVI secolo, il Mattioli, ragionando sulla coltura della zucca, diceva: Si costuma di mangiarla o allessa, o fritta in padella, o arrostita. La allessa non ha in sé nessuna qualità. Arrostita... ovvero fritta nella padella lascia veramente assai dell'umidità sua: nondimeno per la natural sua acquea qualità meritatamente si mangia coll'origano
Vincenzo Tanara nell'Economia del Cittadino in Villa (1644) parla delle zucche bianche o lunghe dette cucuzze a Roma le quali volendo gran sole e molt'acqua da noi (in Emilia N.d.r.) poco si consumano. A Roma queste Cucuzze bianche procurano far essere longhe e sottili col sottoponerci un vaso d'acqua, al cui amato humore allongandosi, si sforzano di giungere, tralasciando d'ingrossare. Queste libere di scorza tagliate in fette si friggono in olio, e si servono con agro ovvero si friggono in grasso, o butiro; le vuotano ancora, le riempiono con qualsivoglia... pieni, o di provatura fresche, poi cotte lesso, o stufate le servono...
Il Tanara ricorda che esistono due tipi di zucche, quelle a scorza gialla e quelle di scorza bianca (le più usate sono quelle a scorza gialla) ma soprattutto si sofferma a lungo sui modi d'impiego degli zucchettini tenerissimi congiunti alla zucca: lessi o cotti sotto la brace serviti con aceto rosato, olio, sale e pepe; infarinati e fritti; ancora ripieni con un composto a base di pane, pinoli, uva passa, erbette, agresto, mosto cotto oppure di ricotta, cacio grattato, uva passa e uova.
E giunge ad offrirci un quadro quanto mai esauriente degli usi alimentari della zucca: nel suo trattato, ricorda alla padrona di casa che appena comincia la zucca a scorrer con le sue braccia la terra, serve alla cucina perché, dovendosi cimare affinché produca più bracci e frutti, quelle cime, cotte allesso e servite in insalata con pepe ammaccato sopra, sono rare anche se avessero unito qualche zucchettino tenerissimo.
La zucca si serve cotta in molti modi, ma sempre con questa avvertenza che, essendo umida e insipida, è necessariamente frigida e si accompagna, sia da magro che da grasso, con altre cose calde, saporite, ancorché talvolta la si cuocia in latte o siero ovvero si frigga per levare l'umidità; poi in minestra, mondata, tagliata in bocconi, fatta bollire in buon brodo grasso, con frullo da cucina passata; servita con uova e coperta di cacio; cotta e spremuta dell'umidità, si fa in torta accompagnata con cacio grattugiato, ricotta, uova e pepe; in qualsivoglia modo deve essere accompaganta da altra cosa, altrimenti non è né buona né sana, onde si prese come simbolo della speranza svanita perché col veder la zucca di così gran corpo, la si crede molto nutrimento, ma di per se stessa non ne ha nessuno o poco e quel poco le cresce con la compagnia, oltre a farsi gustosa.
Ma per giorno di magro, le tenerissime si cuociono lesse ovvvero sotto la brace avvolte in carta, si servono in fette con aceto rosato, olio, pepe e sale oppure in fette, salate, infarinate e fritte. Si servono con agresta e in grasso e burro nei giorni assoluti, nel qual modo, perdendo l'umidità, si rendono più sane.
Ma volendole fare in minestra di magro cotte e disfatte, si legano con latte di mandorle o pinoli, ma migliore di tutti è il latte del loro seme, con il quale si lega meglio il riso e simili.
Le zucche tenere, liberate dalla scorza, si vuotano dalla loro midolla e si riempiono con ripieno fatto di pane, pinoli,
uova passa, erbette, agresto, spezie, mosto cotto.
Si possono ancora riempire con un battuto di polpa di pesce, con un pò di tarantello secco trito minutamente, mescolato con uva passa e spezie. Si riempiono ancora con molte polpettine di luccio, fegatelli e milze dello stesso ovvero con aringhe, tartufi di mare, code di gamberi, capperi di Genova conditi, e simili.
Per i giorni di grasso si riempiono con fegatelli e rigaglie di pollo, animelle di vitello, battuto di carne magra di
vitello o di polpa di cappone. Le più grosse, prima lessate, si possono riempire di uccelletti, di piccioncini di pirmo pelo, di pollastrini senz'osso ripieni, tutti questi mescolati con fette di
prosciutto o mortadella o con l'uno e l'altra battuti. Infine, si riempiono ancora con l'ordinario ripieno di ricotta, cacio grattugiato, uva passa, uova e simili; altri le hanno riempite di uova
sode.
Tagliansi anco le zucche in bocconcini e mescolati con cipolle, prezzemolo trito, olio, agresto e pepe, si fanno soffriggere e cuocere in tegame o stufare in pentola...
Le zucche bianche lunghe, dette Cucuzze a Roma.. colà le tagliano in fette e, seccate al sole, le fanno venir toste come sassi, poi le mandano per tutto il mondo con molto utile per adoprarle in minestre, per farne coperture di carni lesse, cotte, accompagnate da salami e salsicce... tagliate in fette si friggono in olio e si servono con agro, ovvero, si friggono in grasso o burro; poi, ancora, le vuotano e le riempiono con qualsivoglia dei suddetti ripieni oppure di provature fresche, poi, cotte o stufate, le servono.
Pressoché negli stessi anni, il Castelvetro racconta che Vengono anz'il fine di questa ardente stagione (l'estate) i zucchi bianchi lunghi, né sono più grossi d'un grosso braccio, se ben tutti a cotal grossezza non pervengano; e di questi tali se ne fan minestre, facendogli bollire in acqua con sale; et essendo vicino ad essere cotti, vi si vuole aggiungere onestà quantità d'erbe buone e olio d'uliva con cipollette verdi tagliate minutamente (e) una scodella almen di grani d'uva non matura, che agreste si chiama.
I minori, quando son verdi, dopo averli rapati, tagliamo pel traverso e non pel lungo, e ne riescono rotonde fette grosse un mezzo dito, le quali infariniamo prima, poi in olio le friggiamo; e fritte, vi si gitta sopra sale, pepe e sugo dé grani d'uva non matura, invece del quale vò credere che il succo di limone non vi si disdirebbe. Gli speziali poi ne condiscono quantità dé più grossi in miele e zucchero, e zuccato nominano, ch'é un ottimo condito per farene diverse mangiari".
Un secolo dopo, nel Settecento, la zucchina viene celebrata da Vincenzo Corrado nel suo trattato del Cibo Pitagorico.
Le sue proposte per zucchette e zucche lunghe sfidano la più moderna delle fantasie: alla campagnola, all'oritana, al torna gusto, in insalata, alla italiana, alla Dama, in "pottaggio" da magro o da grasso, farcite alla nobile (con petti di pollanche, grasso di vitello, parmigiano, pinoli e maggiorana), farcite alla Paolina (con pesce pestato con acciughe, pinoli, un senso d'aglio ed erbette), cotte in brodo di pesce e servite con puré di fagioli o di ceci, alla Monaca e infine zucchette farcite alla milanese: le zucchine riempite con riso cotto in brodo condito di cacio grattato, gialli d'uova e midollo di bue, vengono cotte in brodo e servite con colì di cappone o puré di latte.
Molti di quegli usi sono sopravissuti fino a noi, tanto che non è difficle rinvenirli in ricette delle nostre cucine regionali. Ricordiamo, tra le tante, la ligure torta di zucca; il minestrone, i tortelli e la zucca fritta della Lombardia; il passato di zucca e la zucca gialla in marinata dell'area veneta; i cappellaci ed i tortelli dell'Emilia Romagna; il ficato d'i sette cannoli della Sicilia.
Se la zucca poteva godere del vantaggio di una qualche antica tradizione, la zucchina era un ortaggio assolutamente nuovo.
Prima esistevano solo zucche colte in anticipo, piccole ma anche acerbe e, circa a metà del XVII secolo, la zucchina comiciò a distinguersi in maniera netta dalla zucca: si precisano caratteristiche e si suggeriscono le preparazioni più adatte ai singoli tipi. Ecco quindi che nascono in Piemonte le zucchine ripiene e quelle alla piemontese; il riso con le zuchete del Veneto; quelle al forno o ripiene col guanciale, delle Marche; le laziali in marinata; le napoletane minestra e zuppa di zucchine nonché in scapece; le zucchine alla poveretta o in parmigiana delle Puglie; quelle in agrodolce, siciliane, e quelle ripiene, di Sardegna.
Ma non basta. La zucchina porta con sé quei famosissimi fiori (conosciuti come fiori di zucca) delicati, fragili, da raccogliere quasi in boccio perché conservino tutta la loro consistenza, i quali hanno scatenato la fantasia di cuochi e cuoche di ogni tempo: farciti di alici e mozzarelle, ricoperti di pastella, composti in frittata e aromatizzati con parmigiano, prezzemolo e noce moscata e persino, ultimamente, ripieni di una delicata mousse di pollo.
LE PRIME RICETTE ITALIANE
Come abbiamo detto, la zucca, seppure di un'altro tipo, subito soppiantato dalle nuove zucche americane, faceva già parte della tradizione gastronimica italiana. Ecco perché, quindi, l'inserimento di questi nuovi frutti nella nostra cucina fu molto più veloce di quanto non accadde per patate e pomodori. Potrà aiutare a capire meglio questo fenomeno iniziare questo breve excursus storico attraverso le prime ricette con due preparazioni illustrate in testi precedenti alla scoperta dell'America, per poi passare ad autori posteriori che, guarda caso, si occuperanno tutti della vera novità giunta dal Nuovo Mondo, le zucchine.
Torta di zucche secche (Anonimo veneziano, XIV secolo)
Prendi le zucche, falle lessare, poi pesta bene del lardo, metti in un recipiente; prendi poi tre parti uguali di formaggio, pepe, zafferano e fa una pasta, stempera con uova e fa la torta.
Zucche fritte (Maestro Martino, 1450)
Prendi delle zucche e nettale bene. Poi tagliale per traverso in fette sottili come la lama di un coltello. Mettile a bollire in acqua e dopo il primo bollore toglile e falle asciugare.
Metti sopra un poco di sale, passale nella farina e friggile in olio. Prendi un pò di fiore di finocchio, un pò d'aglio e di mollica di pane; pestali bene e stempera con agresto in modo che tutto rimanga liquido, passa al setaccio, e aggiungi questo impasto sopra le zucche.
Le quali sono buone aggiungendovi sopra agresto e fior di finocchio. Se vuoi che il sugo sia giallo aggiungi un pò di zafferano.
Minestra di cime di zucca (Bartolomeo Stefani, 1662)
Piglierai le cime di zucca e se vi saranno li zucchetti sarà meglio li farai rifare nel brodo, e rifatti li metterai in un pignattino con brodo di cappone, due latticini tagliati in bocconcini e prima rifatti; piglierai di quell'agresto che suol fare la vite tre volte l'anno, perché li grani son grossi e duri e hanno polpa, e mondati della pelle li spaccherai, gli leverai il seme, mettendo due oncie di cacio parmigiano grattato e due uova e così mariterai la detta minestra.
Vivanda di zucchine (Bartolomeo Stefani, 1662)
Piglia lo zucchino, mondalo della sua scorza, taglialo in fette, macerato, ed ammollito con sale, resa che avrà l'umidità, disponendo dette fette una sopra l'altra, metterai un peso, acciò bene si sprema l'umido, e diligentemente infarinate con fior di farina, porrai dette fette in padella approntata con butirro gettato; cotte e levate dalla padella, vi farai l'infrascritta salsa.
Piglia un poco di basilico, una foglia o due d'erba amara, un poco di seme di finocchio, tutto ben pesto nel mortaro, e per
ogni libra di zucchero, piglia quattr'oncie di formaggio tenero, e ben pesto nel mortaro, ove saranno gli altri ingredienti, poi stemprato con sugo d'agresta, quel sugo se sarà stemprato prima
con acqua, non aggiungerai altro, ma caso non sia stemprato, aggiungi due oncie di zuccaro con quattro rossi d'ova fresche ben sbattute, posto il tutto in tegamino messo sopra il fuoco con oncie
tre di butiro, meschiando in tanto con cucchiaro di legno, e quando scorgerai che piglia cottura il bordetto, allora copri la vivanda con questa salsa, e la servirai fredda con polvere di
cannella.
Se dette zucche si dovranno friggere in oglio, farai la salsa in questa guisa. Invece di formaggio vi porrai molliche di pane inzuppate in agresta con le solite erbe odorifere, ed un cambio di rossi d'ova, vi porrai di mandole con simile cottura. Ma quando le zucche saranno più mature, si possono tagliare in guisa di lardoni, si possono ancho riempire, ...se ne può fare casse da pasticci, ed infine se ne può fare tanta diversità di vivanda, che formi una mensa intiera.
Zucchette in insalata (Vincenzo Corrado, 1781)
Le zucchette tenere si fanno cuocere in acqua con sale; e freddate poi si condiscono con olio, acciughe, origano e pepe.
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