Gli eventi storici hanno fatto sì che non ci sia continuità tra gli splendori dell'arte ceramica della Magna Grecia e quella contemporanea. Dopo oltre un millennio di buio quasi totali, la produzione di rustiche terrecotte, prevalentemente contenitori per l'acqua, viene reintrodotta in alcune piccole comunità arabe, dislocate lungo le coste. Ma si deve arrivare al XVII secolo per vedere una comunità locale, peraltro costretta dagli eventi naturali, a rimettere in funzione quelle primordiali fornaci. Questo accadde a Santo Stefano di Camastra, comunità di pastori insediatisi in riva al mare a seguito di movimenti franosi che avevano reso inabitabile il loro villaggio sulle alture. Più per necessità che per vocazione, cominciarono a realizzare dapprima mattoni evolvendo via via la produzione verso oggetti d'uso, quindi, dalla fine del '700, piastrelle maiolicate e ceramiche artistiche.

 

Anche la ceramica di Caltagirone ha una storia simile. Avviata dagli arabi che ne sfruttavano le cave di argilla, fu interrotta nel Trecento a causa di una enorme frana e ripresa nel Cinquecento nel nuovo rione dei “cannatari” (da “cannate”, recipienti per l’acqua), riscuotendo successi commerciali in tutta l'isola. La produzione spaziava di vasi agli orci ai lampadari, alle caratteristiche lampade antropomorfe, decorati con tocchi di giallo e verde nella decorazione a fogliame, oppure in monocromia turchina su fondo bianco. Dopo le distruzioni del terremoto di Catania del 1693, la produzione riprese faticosamente tra alti e bassi finché, nel 1918, l'apertura di una scuola d'arte non ridiede slancio alla produzione che continua oggi con grande vivacità.

Sciacca, in provincia di Agrigento, può essere considerato il terzo polo ceramico della Sicilia. Tutto cominciò tra il '400 e il '500, quando baroni e vescovi diedero impulso all'attività di alcuni maestri maiolicari locali, con forti commesse di piastrelle decorate per abbellire chiese e palazzi (tra i quali, il duomo di Monreale). Fu l'occasione che permise di affinare le tecniche e ricercare canoni estetici diversi da quelli di influenza saracena e catalana, aprendo al nuovo gusto rinascimentale italiano che caratterizza ancora oggi la produzione di molti artigiani locali.

In quasi tutte le regioni italiane, la lavorazione dell'argilla si è sviluppata parallelamente nella produzione di oggetti rustici, d'uso quotidiano, e in forme più raffinate che spaziano dalla maiolica alla ceramica d'arte, alla porcellana. E quasi sempre, una delle due ha prevalso sull'altra caratterizzando in questo modo la produzione regionale. In Toscana, invece, queste due forme di artigianato continuano a convivere, godendo entrambe di un buon successo commerciale.

 

Nel campo della ceramica "rustica", come non ricordare la grande tradizione del cotto toscano, con il suo maggior centro nelle fornaci dell'Impruneta, dove si produce soprattutto cotto per pavimenti, ma anche grandi orci da olio, recipienti da salamoia, conche e vasi da giardino modellati a mano. Oppure le pentole in coccio, ideali per cuocere i fagioli e le tante zuppe tipiche soprattutto dell'area meridionale della regione, prodotte in particolare nelle aree di Colle Val d’Elsa e di Chiusi, nel senese, e i classici catini a forma troncoconica, con largo orlo e con l’interno verniciato “a spugnature” di color verde su fondo bianco o giallo tenue, nella cui produzione si sono specializzati gli artigiani di San Giovanni alla Venna, in provincia di Pisa.

 

Grazie alla grande tradizione artistica toscana, il fronte della ceramica decorativa si presenta molto più ricco, sia come diffusione che nelle sue forme esteriori. Particolarmente vivace è l'area aretina dove, nelle botteghe di Cortona, Anghiari e Monte San Savino, continua la manifattura di pezzi della tradizione antica, come i piatti decorativi, a fondo giallo e con al centro la margherita. In provincia di Firenze, ed in particolare a Montelupo Fiorentino e Sesto Fiorentino, è tuttora florida la produzione di piatti decorativi, boccali, vasi e altri oggetti dalle forme e dalle decorazioni tradizionali, ispirate soprattutto alle storiche manifatture di Doccia che da Sesto erano esportate in tutto il mondo.