All'inizio, gioco d'azzardo e Nevada erano quasi sinonimi. Per circa 50 anni, infatti, chi volesse scommettere legalmente qualche dollaro in un casinò, doveva viaggiare verso occidente. E questo aveva anche una qualche giustificazione demografica. Nel 1931 il Nevada era un grande buco vuoto nella mappa degli Stati Uniti con scarsissime prospettive di futuro. Le sue miniere si erano esaurite, l'acqua era scarsa ed il paese era paralizzato dalla depressione economica. Era, insomma, il momento ideale per adottare drastici rimedi. In pochi anni l'amministrazione statale promosse la costruzione di due centri di divertimento di dimensioni tali che riuscirono a stupire tutta l'America. A quei tempi, viaggiare alla volta di Reno e Las Vegas era una vera e propria avventura e il visitatore aveva veramente la sensazione di essere in un posto diverso, come non ne aveva mai visti prima. A partire dalle slot machines collocate negli aeroporti fino alle insegne luminose che scintillavano nelle strade e ai leggendari show rappresentati nei teatri degli alberghi, non c'era proprio nulla che evocasse le atmosfere delle città di provenienza.

Da allora in poi, nessun altro settore dell'economia e dei servizi ha subito cambiamenti più rapidi di quello del gioco d'azzardo, con un'accelerazione che negli anni Novanta ha raggiunto i massimi livelli. Nelle riserve indiane come nelle metropoli del Midwest e negli stati del Sud. A velocità sbalorditiva, e nei luoghi più improbabili, ogni mese si inaugurano nuovi casinò.

IL CAVALLO NON CORRE PIU'

Questo fiorire di iniziative, però, ha anche il suo rovescio della medaglia. L'ippica ne ha pagato gravi conseguenze, costate la chiusura di alcuni dei più importanti ippodromi americani. Città come New Orleans, Kansas City e St. Louis, che avevano riposto le speranze di sviluppo delle loro downtown nei casinò, hanno dovuto constatare che il gioco d'azzardo non è esattamente la bacchetta magica in grado di trasformare qualunque luogo in una meta turistica e far decollare l'economia. Questo, comunque, non ha dissuaso Detroit, la più grande città americana ad autorizzare l'apertura dei casinò, ad attuare la stessa strategia e le sue gigantesche case da gioco saranno inaugurate a breve.

 

Le contraddizioni che accompagnano il mondo d'azzardo non sono poche. In molti casi, a margini delle aree dedite legalmente al gioco d'azzardo si è riscontrato un notevole incremento nei dissesti finanziari, nella criminalità e nel numero dei divorzi. Al tempo stesso, un considerevole numero di tribù indiane ha tratto dalle case da gioco ricchezze al di là di ogni immaginazione, creazione di nuovi posti di lavoro, opportunità di crescita culturale per le nuove generazioni ed un generalizzato livello di vita dignitoso.

 

Di contro, i moralisti, lamentano che il gioco d'azzardo demolisce l'etica del lavoro, insinuando nella gente l'idea che sia possibile ottenere tanto senza dare niente in cambio. Queste preoccupazioni hanno ottenuto un primo effetto nel 1997, quando è stata istituita una commissione nazionale con il compito di indagare a fondo sull'industria delle scommesse, prima di autorizzare un ulteriore sviluppo del settore. Nel frattempo, gli americani sembrano impegnati a strattonare le leve delle slot machines come mai avevano fatto in passato e Las Vegas non è mai stata tanto affollata.

Per quasi un secolo, il Nevada ha rappresentato il quadrante vuoto nella mappa dell'America, un territorio vasto e solitario che rappresentava unicamente l'ultima barriera prima di raggiungere la Sierra Nevada e compiere l'ultimo passo verso le ricchezze della California. Gli Spagnoli furono i primi, verso la fine del Settecento, a esplorare la parte meridionale dello stato, nell'inutile ricerca di un itinerario sicuro da Santa Fe alla California. Dalle infruttuose esplorazioni riportarono solo racconti di un fiume che si addentrava in mezzo alle montagne e defluiva verso il Pacifico. Queste leggende furono accreditate per decenni illudendo cacciatori ed avventurieri che si inoltravano in questo territorio inospitale alla ricerca di un fiume che non c'era.

 

I Mormoni scesero nel Nevada dai loro insediamenti dello Utah cercando di coltivare il sottile strato di humus che ricopriva il versante orientale della Sierra, ma il loro capo, Brigham Young, li richiamò indietro dopo pochi anni. Altri esploratori risalirono l'Humboldt River nel Nevada settentrionale e la sua valle diventò la strada maestra che univa l'Oregon Trail con i villaggi californiani protagonisti della corsa all'oro. Benché quella fosse considerata solo una inospitale terra di transito, a metà Ottocento uno sparuto gruppo di coloni, la maggior parte dei quali residenti nella odierna California, presentò una petizione al Congresso perché fosse riconosciuto a quella terra il rango di "territorio". Il congresso face un rapido censimento e, constatato che i residenti erano di alcune decine di migliaia al di sotto della soglia minima prevista per quel riconoscimento, respinse la richiesta.

 

Subito dopo, però, accaddero due fatti che ribaltarono completamente la situazione: fu scoperta la miniera di Comstock e iniziò la Guerra Civile.

DALLE MINIERE D'ARGENTO ALLE ROULETTE

La miniera di Comstock, scoperta nel 1859, era il più grande giacimento d'argento di tutta l'America. Essa trasformò l'arido Nevada in una sorta di Eldorado al punto che migliaia di minatori, delusi dalla California, attraversarono a ritroso le montagne per ritentare la fortuna in questa nuova terra promessa. Gran parte di loro proveniva dagli stati del Sud ed odiava le autorità federali. La guerra era alle porte e il governo di Washington voleva assicurare questo ingente tesoro all'Unione. Con un fulmineo ripensamento, fu sottoposto al Congresso un provvedimento di riconoscimento del territorio, firmato di gran carriera dal Presidente James Buchanan già all'inizio del 1861. Tre anni dopo il Nevada vide suggellata la sua sovranità statale.

 

Nonostante questo, il Nevada fu soggetto alle alterne fortune tipiche di ogni territorio la cui ricchezza era legata alla produttività delle miniere. Quando, agli inizi degli anni '80, la miniera di Comstock cominciò ad esaurirsi, in circa 20 anni la popolazione si ridusse di un terzo e all'inizio del '900 gli abitanti dello stato erano ridotti a poco più di 40 mila. Vi fu una ripresa quando furono scoperte le miniere di oro e argento di Tonopah e Goldfield. Ma presto si esaurirono anche queste e alla fine degli anni '20 il Nevada tornò nella condizione di uno stato senza futuro.

 

Proprio allora, tre eventi straordinari cambiarono la sua storia per sempre. Nel 1928 fu approvato il progetto per la costruzione di Boulder Dam, la gigantesca diga che avviò nella parte meridionale dello stato uno vero e proprio boom nel settore delle costruzioni e dell'idraulica, con epicentro Las Vegas. L'economia dello stato risorse raggiungendo i più alti livelli dai tempi della miniera di Comstock. Quindi, nella primavera del 1931, il governo locale approvò due leggi sorprendenti. La prima riduceva a sei settimane il tempo di attesa per ottenere il divorzio, e la seconda legalizzava il gioco d'azzardo. In effetti, le attività legate alle scommesse erano ampiamente praticate in modo più o meno nascosto, la gente stessa le viveva come un elemento insito nella tradizione libertaria dello stato e non vi trovava nulla di male. Perché mai, argomentarono, non tentare di guadagnarci sopra? Ma non avevano certo idea di "quanto" ci avrebbero guadagnato.

Il primo boom si ebbe a Reno, che allora era la città più popolata dello stato. Subito si moltiplicarono le attrezzature per accogliere e soddisfare ogni esigenza dei turisti, dei giocatori e delle donne che vi si trasferivano per ottenere un rapido divorzio. Ma un altro boom, quello vero, era pronto ad esplodere.

LA TAPPA OBBLIGATA DELL'OLD SPANISH TRAIL

Grazie alla sua abbondanza d'acqua, Las Vegas si era sviluppata come una tappa obbligata per l'abbeveraggio delle mandrie lungo l'Old Spanish Trail. La legge che legalizzava il gioco d'azzardo in Nevada, escludeva specificatamente Boulder City da questo beneficio, proprio per preservare questo centro strategico da possibili degenerazioni indotte dal gioco. Questo si trasformò in un incredibile vantaggio per Las Vegas, situata a circa un'ora di macchina da Boulder City che, dalla fine degli anni '30 in poi, vide riversarsi nelle sue case da gioco la popolazione di un territorio vasto e prosperoso.

 

In brevissimo tempo, Las Vegas divenne la destinazione preferita per i cittadini più facoltosi di Los Angeles, che venivano accolti in locande più adatte ai rudi uomini del vecchio West, piuttosto che a miliardari hollywoodiani. Grazie all'intuizione di un entusiasta uomo d'affari di nome Benjamin "Bugsy" Siegel, fu avviata la costruzione del primo albergo-casinò di lusso di Las Vegas, il Flamingo Hotel, inaugurato nel 1947.

 

Da quel momento in poi fu un susseguirsi incessante di nuovi alberghi, uno più gigantesco dell'altro, ognuno arredato e decorato in maniera più fantasmagorica del precedente, tutti aperti lungo una strada in mezzo al deserto che subito divenne "The Strip". Essa diventò l'epicentro americano del business del tempo libero, dove i profitti delle case da gioco potevano finanziare un incredibile varietà di attività legate al turismo.

 

Negli anni '70, però, Las Vegas fu costretta a fronteggiare il primo serio attacco al suo dominio, quando il gioco d'azzardo fu legalizzato ad Atlantic City. D'un tratto, il grande giro di soldi della East Coast ebbe l'opportunità di prendere un'altra direzione ma, seguendo l'esempio di un altro uomo d'affari di genio, Bill Bennett, creatore del Circus Circus, Las Vegas seppe rispondere aprendosi al turismo delle famiglie e affiancando agli hotel-casinò, dei colossali centri vacanze ispirati a Disneyland piuttosto che al mitico Flamingo.

 

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