La "ceramica" è una delle realtà industriali più rilevanti dell'Emilia Romagna. Non c'è paese al mondo dove non vengano esportate le piastrelle e le mattonelle prodotte a Sassuolo, in provincia di Modena, e Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia. Non è un'industria nata dal nulla, ma la felice evoluzione di un insieme di elementi – tecnica, cultura, tradizione, manualità – che si sono sviluppati attraverso i secoli nella produzione artigianale di manufatti in ceramica, sia di uso comune che d'arte. Diversamente da quanto accade spesso in questi casi, in questa regione il passaggio dall'artigianato all'industria non ha comportato il soccombere del primo alla seconda e i due camparti prosperano in parallelo, seppur con dimensioni di mercato completamente diverse.
Storicamente nasce tutto a Faenza, dove l'artigianato della ceramica d'arte ha fama tanto antica e consolidata che nelle lingue di mezza Europa il nome della città è diventato sinonimo di "maiolica" ed anche nel gergo degli informati e addetti ai lavori per "faenze", indipendentemente da dove vengono prodotte, si intendono unicamente le ceramiche di terracotta smaltata in bianco all’ossido di stagno e decorata con colori vivaci.
La memoria storica di questa attività che si perpetua da oltre otto secoli è il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, dove le produzioni storiche locali si confrontano con pezzi provenienti da ogni parte del mondo. Intorno, nelle vie del centro storico, è un brulicare di botteghe dove si formano al tornio vasi dalle fogge più disparate che poi saranno decorati a mano e cotti secondo le tecniche tradizionali. Gran parte della produzione ripropone le forme e i decori classici della ceramica faentina, ispirati soprattutto al periodo medioevale e rinascimentale, ma sono in forte sviluppo anche produzioni all'insegna della creatività cui offrono un prezioso contributo artisti contemporanei di fama internazionale.
Faenza, comunque, non detiene il monopolio assoluto della ceramica artigianale. Interessanti realtà sono tuttora vitali in provincia di Parma, in particolare a Noceto, nota per i suoi vasi da farmacia, e Ferlaro Collecchio, dove si è sviluppato uno stile particolare, caratterizzato dai fondi bianchi con decorazioni che vanno dal color ruggine all’azzurro intenso. Non vanno dimenticati, infine, i tradizionali boccali un tempo imperanti nelle osterie e nelle trattorie popolari, che oggi costituiscono la principale produzione delle botteghe di Imola.
Per gli antichi Romani, la terracotta era più o meno l'equivalente della nostra plastica: elemento duttile, facilmente formabile e "piegabile" alle varie esigenze dei commerci, perfetta, con piccoli accorgimenti, per conservare e trasportare tutto, dall'olio al vino, al grano, alle spezie, nelle navi come nei mercati e nelle case. Erano oggetti funzionali e rustici, finalizzati unicamente alla soluzione ottimale di un problema. Questo filone artigianale non si è mai interrotto e ancora oggi, soprattutto a sud di Roma, nelle zone di Pontecorvo, Arpino e Fiuggi, in provincia di Frosinone, si perpetua la produzione di vasi e anfore decorate a freddo con motivi in terra rossa, cui col tempo si è affiancato un assortimento di oggetti in cotto che vanno dai posacenere alle statuine per presepi, alle piastrelle, alle maschere zoomorfe.
Nel nord del Lazio, invece, molto prima che si affermasse la civiltà romana, gli Etruschi si dedicavano alla produzione di ceramiche ben più raffinate, dove la ricerca estetica prevaleva spesso sulla funzione dell'oggetto.
Non è casuale, quindi, che proprio nelle stesse zone, ancora oggi si concentri la maggiore produzione di ceramiche artistiche della regione, in particolare a Tarquinia e Civita Castellana, in provincia di Viterbo, dove ai laboratori che si dedicano produzione di repliche dei preziosi reperti etruschi, si alternano ceramisti totalmente votati alla ceramica d'arte, svincolata da qualunque canone artistico del passato.
La provincia di Viterbo, comunque, è in grado di dare soddisfazione anche a chi è in cerca di oggetti più quotidiani: nelle zone di Acquapendente, Tuscania e Vetralla sono numerosi gli artigiani dediti alla produzione di terraglie rustiche, quali pignatte, boccali, scolapasta, tegami, vasi ecc., di ottima fattura e dal prezzo assolutamente abbordabile.
I primordi della ceramica di Albissola, caratterizzata dalla tipica decorazione a ornati o figure di colore blu ottenuta con l'ossido di cobalto, su fondo bianco o grigio-azzurro vengono fatti risalire attorno al XII secolo. Nel Cinquecento, sotto la Repubblica di Genova, questa attività artigianale conosce un grande sviluppo, sia qualitativo che quantitativo, grazie soprattutto all'opera di celebri famiglie di artisti che permettono alle maioliche di Albissola di affermarsi a livello internazionale. In questo periodo iniziano gli scambi culturali e si affinano le caratteristiche della produzione con elevati livelli di efficacia espressiva. Dopo la metà del Settecento la tradizionale monocromia blu si trasforma e si arricchisce con fondi viola manganese, rosa manganese (detto Levantino) e colorazioni bruno-chiare (dette Seirullo).
Nell'Ottocento, la concorrenza della nascente produzione industriale crea una radicale trasformazione dell'artigianato savonese. Da un lato nasce la nuova ceramica popolare, a macchie nere e larghissima diffusione, dall'altra una ceramica squisitamente artistica. Nel Novecento, la ceramica di Albissola diventa materia per espressioni artistiche delle avanguardie, in primo luogo il Futurismo, e ancora oggi Albissola Marina è il polo d'attrazione per tanti artisti internazionali che lavorano presso i forni della cittadina rivierasca. Ne è splendida testimonianza la passeggiata a mare di Albissola composta da venti riquadri in ceramica realizzati da artisti del calibro di Capogrossi, Crippa, Luzzati, Fontana e altri esponenti di primo piano dell'arte contemporanea.