CERAMICA E TERRACOTTA IN SARDEGNA

       Anche in Sardegna la storia dell'argilla formata a mano e cotta col fuoco procede in perfetto parallelismo con quella dello sviluppo della civiltà e sulla scia di questa assoluta sintonia, oggi come un tempo, i maestri vasai realizzano veri e propri capolavori di uso quotidiano: piatti, brocche, vasi, anfore, tutti finemente decorati.
       In particolare a Nuoro, Dorgali e Siniscola valenti artigiani perpetuano l'arte di creare elementi di arredo di grande pregio il cui colore dominante è l'azzurro del cielo e del mare.
       Nell'isola, attualmente, operano circa 50 laboratori in cui la produzione, pur conservando la tematica fondamentale delle ceramiche popolari della tradizione sarda, tende ad apportare interessanti innovazioni in linea con le attuali tendenze estetiche. I laboratori di maggiore rilievo sono concentrati a Oristano e a Assemini, in provincia di Cagliari, ovvero i due centri dove storicamente la ceramica sarda ha raggiunto le sue massime vette espressive.

       A Oristano le più antiche testimonianze risalgono al ‘200, quando si producevano manufatti invetriati decorati con una particolare tecnica, detta dello “stangiu”, che conferiva loro una brillante coloritura in verde o in giallo. Nei due secoli seguenti i ceramisti concentrrono la loro produzione su stoviglie quali scodelle, coppe, piatti e fiasche, per allargarla poi nel ‘400 anche alle forme chiuse per realizzare le quali fu introdotta una nuova tecnica decorativa che prevedeva la stesura di una coperta vetrosa chiazzata di verde e di giallo sull’ingobbio bianco.
       In questo periodo prese forma il caratteristico vaso a due anse per l'acqua decorato in verde e giallo divenuto una sorta di simbolo della produzione oristanese insieme ad altri due pezzi altrettanto significativi: la “brocca della sposa”, quasi sovrabbondante di ornamenti a rilievo, e “Su Cavalluccio” un oggetto simbolico del tutto privo di connotazioni pratiche che veniva collocato al culmine dei tetti con funzione propiziatoria e di rappresentanza.

       Ad Assemini, invece, i più antichi ritrovamenti di manufatti in ceramica risalgono al periodo punico e i reperti ritrovati, tutti di grande finezza, consistono prevalentemente in vasi attici con decori in rosso oppure interamente ricoperti di vernice nera.
       Parallelamente a queste produzioni di eccellenza, però, si era anche sviluppata la manifattura di ceramiche di uso comune che conobbe un forte impulso soprattutto tra la fine del V e il III secolo a.C. 
       Competenze acquisite in quel periodo entrarono nel bagaglio delle tradizioni tramandate dagli antichi contadini, tra le quali il mestiere del ceramista ricopriva una notevole importanza fino a trasformarsi, col tempo, in un impegno pressoché esclusivo che rese Assimini un centro ceramico di primaria importanza. L’'espansione fu tale che durante il Medioevo le potenti corporazioni di mestiere, dette “Gremii” decisero di disciplinare l'attività creativa dei ceramisti non solo promulgando statuti e regolamenti ma giungendo addirittura a imporre l'obbligo di non variare le forme e di non modificare i canoni tecnici codificati.

TORNA A