Uno dei peggiori mali del vino è la retorica, il reiterarsi dei luoghi comuni, il perpetuarsi delle leggende metropolitane che ancora oggi condizionano i comportamenti di gente che, a giudicare dal bagaglio culturale di cui è dotata, ci si aspetterebbe, per lo meno, che fosse un po’ più disinvolta.
Non c’è, comunque da stupirsi, visto che la sequenza delle fandonie ha inizio proprio con la leggenda della nascita del vino stesso.
Se interroghiamo su questo argomento una qualunque persona, di qualunque livello culturale, esperta o inesperta di vino, senza eccezioni essa risponderà che l’inventore del vino è Noè. Eppure, per contestare questa affermazione basterebbe fare il semplice gesto di aprire l’Antico Testamento ed andarsi a leggere le poche righe della Genesi dove si tratta l’argomento. Gesto semplice ma difficilissimo da compiere, almeno per noi di matrice cattolica che, per inveterato indottrinamento, tendiamo a fidarci di più di quanto ci racconta il parroco che di quanto vi è scritto nelle pagine delle Sacre Scritture.
Allora, apriamo questo benedetto libro e leggiamo: “Noè, agricoltore, piantò una vigna, fece del vino e ne bevve.”.
Francamente, come cronaca di una delle invenzioni che hanno segnato così profondamente la cultura occidentale (pensate alla centralità del vino nell’Eucarestia!), sembra un po’ sotto tono, buttata via, marginalizzata. In realtà, questa scarna riga di testo ci dice semplicemente che, al tempo di Noè, il coltivare la vigna e produrre del vino era una cosa normalissima, una delle attività consuete di ogni agricoltore.
E NON ERA NEMMENO VINO
Ed in
più
ci
testimonia che al suo apparire, e forse per qualche millennio, non si beveva vino ma mosto in fermentazione. E questo spiega il perchè Noè, immediatamente,
"s'inebriò "
Perché,
allora, il libro della Genesi si sofferma, seppure velocemente, su questa attività di Noè? Proseguiamo nella lettura e tutto ci apparirà più chiaro:
“…s'inebriò e giacque scoperto in mezzo alla sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide la nudità di
suo padre e andò a dirlo, fuori, ai suoi fratelli. Ma Sem e Iafet presero il suo mantello, se lo misero insieme sulle spalle e, camminando all'indietro, coprirono la nudità del loro padre.
Siccome avevano il viso rivolto dalla parte opposta, non videro la nudità del loro padre.”
Ecco che il vino, quindi, non è altro che un pretesto, il catalizzatore di un episodio che rivela la personalità dei figli di Noè ed i comportamenti che ne conseguono. Leggiamo cosa succede dopo e capiremo quanto sia importante questo episodio e quanto condizionerà la vita degli uomini nei secoli e nei millenni successivi: “Quando Noè si svegliò dalla sua ebbrezza, seppe quello che gli aveva fatto il figlio minore e disse: «Maledetto Canaan!
Sia servo dei servi dei suoi fratelli!» Disse ancora: «Benedetto sia il Signore, Dio di Sem; e sia Canaan suo servo! Dio estenda Iafet! e abiti nelle tende di Sem e sia Canaan suo servo!».
Ha dell’incredibile, ma in queste poche righe si racchiude il seme della Questione Palestinese, l’elezione della discendenza di Sem (i Semiti) a stirpe destinata alla leadership del popolo ebraico ed il confinamento della stirpe di Cam (da cui si fanno discendere gli attuali Palestinesi) ad un ruolo subalterno, accompagnato dai toni di una perpetua punizione.
L’episodio di Noè, insomma, in meno di dieci righe, dischiude il più tragico scenario della storia dell’umanità, segna l’avvio di una diatriba e di una lotta che non conosce soste e che ancora oggi, ora dopo ora, agita di fronte ai nostri occhi ed alle nostre coscienze, lo spettro di una guerra totale e definitiva.
Altro che gioiosa invenzione del vino!